Quante lotte per una vita indipendente: la storia di Cinzia, in cerca di un futuro
(a. tonizzo) E’ una lotta senza fine, quella di
Cinzia. Che, a tutti gli effetti, ha la tempra da boxeuse. Ma,
pensandoci bene, non poteva essere altrimenti, quando mollare la presa
sarebbe significato arrendersi.
Cinzia
Rossetti è una bella donna di 40 anni, tutor all’Università Cattolica di
Brescia. Una disabilità motoria alla nascita (tetraparesi spastica) non
le permette di svolgere in modo autonomo gli atti più banali della vita
quotidiana – come alzarsi, lavarsi, mangiare o uscire –, ma non le ha
sottratto nemmeno un briciolo dell’argento vivo che si porta addosso,
della caparbia volontà, nonostante tutto, di condurre e gestire la
propria esistenza. Di lottare, dunque, per una Vita Indipendente,
“movimento internazionale di disabili gravi che – leggiamo sulla rete –
attraverso il superamento della semplice logica dell’assistenzialismo e
dell’ospedalizzazione, mira alla propria autodeterminazione ed al pieno
inserimento nella società”. Malgrado la nutrita legislazione italiana in
materia di disabilità, infatti, spesso l'assistenza viene demandata
alle famiglie, e i servizi ad hoc si rivelano essere insufficienti. Il
progetto di Vita Indipendente diventa quindi una terza via, in quanto la
gestione dell'assistenza viene deputata al disabile stesso che in tal
modo diventa un vero e proprio datore di lavoro.
“Da
marzo 2012 – racconta Cinzia – sono riuscita ad andare a vivere da sola
in una casa comunale con l'assistente personale, assunta grazie ai
finanziamenti che ricevo tramite un progetto individualizzato in base
alla legge 328/2000, costruito e stipulato con l'assistente sociale del
mio comune di residenza, Botticino. Sono arrivata fin qui dopo molti
anni: è dal 2001 che lotto in tutti i settori (formativi ,lavorativi,
sociali) per questo progetto di vita. Ma in ogni momento posso perdere
tutto. Ogni anno devo battermi, con il timore che quel futuro
pianificato con tanta fatica sia compromesso”.
Perché,
scopriamo parlando con Enzo Leos, presidente del Comitato Lombardo Vita
Indipendente, “i fondi per questo progetto sono incerti, non c’è legge
che li garantisca: non rientrano, infatti, nei cosiddetti livelli
essenziali della persona”. Dopo la petizione del giugno scorso – cui
seguì una manifestazione milanese indetta dalle principali federazioni
della disabilità (LEDHA e F.A.N.D) per dire "no ai tagli! Sì alla vita
indipendente e all'inclusione nella società!” –, Cinzia ci riprova, e
chiede nuovamente udienza alla Regione Lombardia, per avere risposte.
“Per
poter vivere – spiega Cinzia – parte del fondo lo ricevo dal mio comune
(6000 euro annuali erogati semestralmente), e l'altra parte arriva dal
Piano di Zona con i fondi della legge 328/2000 (legge di settore
162/98) erogati dalla Regione Lombardia. A tutt'oggi il Piano di Zona di
Rezzato a cui afferisce il mio comune non conosce quante risorse
economiche avrà, né e a chi dovrà destinarle. Come pagare quindi i
16mila euro di stipendio annuale all’assistente?”.
Cinzia
infatti, di suo, può contare su un contratto lavorativo di
collaborazione, con remunerazione a fine anno (6 mila euro), e non
usufruisce di altri finanziamenti a livello sanitario, come quelli
erogati, ad esempio, a coloro che hanno una malattia dei motoneuroni
(SLA, SMA...), anche se le necessità assistenziali e sono le stesse.
“Da
questo incontro con l’assessore regionale alla Famiglia e ai servizi
sociali – racconta Leos – ci aspettiamo innanzitutto ascolto. Altre
volte siamo stati ricevuti, esponiamo da anni le nostre richieste, che
la Regione dunque conosce bene, ma poi purtroppo cade il silenzio:
nessuna risposta alle lettere, ai ripetuti contatti telefonici. In
Regione Lombardia manca un impianto organizzato per la Vita
Indipendente, ed è ora di prendere posizioni chiare: cosa ne pensa la
Regione di quei disabili che non vogliono o non possono vivere in
istituti, rivolgersi a cooperative o associazioni? Devono essere forse
abbandonati? Serve una legge di fondo per la Vita Indipendente, servono
stanziamenti, e non vogliamo sentire la scusa della crisi”.
Dal
2001, infatti, realtà che pare siano una minoranza agli occhi delle
istituzioni – il nutrito gruppo di Enil (Europe Network for Indipendent
Living) con il Comitato Lombardo per la Vita Indipendente e
l'Associazione Insieme di Manerbio (Bs) – cercano risposte concrete. La
Regione Lombardia ha anche ratificato la Convenzione Onu che sancisce i
principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari
opportunità e di non discriminazione per le persone con disabilità. “Ma
adesso è arrivato il tempo dei fatti – conclude Cinzia – perché voglio
sapere se, dove, come, quando devo vivere la mia vita”.
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